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Messaggio Da Sonsoles Lun Mag 14, 2012 1:33 am

Hedwig - La diva con qualcosa in più

Non è una novità, è un film del 2001 che io non conoscevo e mi è capitato di vedere questa sera.
Mi ha rapito per intensità, interpretazione, musiche, messaggio insomma mi è piaciuto molto.
Lo consigli; da guardare senza paraocchi e pregiudizi e soprattutto con le orecchie ben aperte.



Questo (filosofico) è solo uno dei tanti ottimi brani musicali presenti nel film.
Bello!! Ho già voglia di rivederlo per "possederlo" al meglio.
Ne posto un altro brano:

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Messaggio Da Levnicolaievic Dom Giu 24, 2012 10:00 pm

" NOI CREDEVAMO" regia di Mario Martone Oggi ho visto un film - Pagina 4 944443
L'Unità di Italia: è questo il tema del film" Noi credevamo " sono le ultime parole del film, dette dal uno dei protagonisti: ( il bravo Luigi Lo Cascio) Un film intelligente, impegnativo, che fa pensare: siamo nel Cilento, a inizio ottocento , 4 ragazzi, mazziniani, repubblicani, prestano giuramento nella organizzazione segreta" Giovine Italia" ( " io dò il mio nome alla Giovine Italia, associazione di uomini credenti nella stessa fede e giuro di consecrarmi tutto e per sempre a costituire con essi l'Italia in nazione una ,indipendente , libera, repubblicana... )
L'idealismo è presto travolto dalla divisione di classe ( l'unico contadino dei 4 , sospettato di tradimento , verrà ucciso) l'esaltazione di Mazzini appare tutta astratta e venata di messianismo: eppure questi ragazzi sopportano il carcere durissimo, la violenza, la fame, l'esilio...Martone è riuscito a rappresentare bene la complessità di quel periodo: l'ingerenza degli inglesi e dei francesi, senza i quali nessun eroismo sarebbe bastato: e poi le divisioni, i sospetti, la difficoltà della clandestinità, la solitudine di Garibaldi, grande generale ma sprovveduto ; e l'ideologia repubblicana sacrificata al realismo dei Savoia, l'opportunismo di tanti, l'ingenuità suicida dei giovani garibaldini: insomma la nostra storia era già tutta lì, anche quello che è venuto dopo, non è stata che un'estensione di quelle divisioni e di quelle astrazioni. Perchè il popolo non c'è proprio stato: l'Italia è stata davvero fatta malgrado gli Italiani, grazie al sacrificio di giovani soldati che avevano militato nell'esercito di Napoleone, nobili e intellettuali, borghesi e studenti , pochi uomini del popolo. C'è molto da capire in questo film amaro: tutti quelli che credevano, sono stati amaramente delusi, l'Unità alla fine si è realizzata , ma quasi nessun ideale è stato realizzato: non le speranze del sud, violentemente soffocate; non le speranze repubblicane , per cui tanti avevano sofferto:a questo proprosito l'episodio più emblematico, nel finale, è quello del ferimento di Garibaldi sull'Aspromonte mentre era in marcia per liberare Roma dal papa: fermato dall'esercito sabaudo di La Marmora , coi garibaldini in camicia rossa fucilati dai piemontesi ... un episodio crudo e rappresentativo di quello che è stato il Risorgimento, che aveva un'anima bellissima, una fede ( noi credevamo, appunto) ma un verbo coniugato al passato, come poi è accaduto spesso nella storia dell'Italia unita.
( Oggi ho visto un film - Pagina 4 944443 )
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Messaggio Da puparock Gio Ago 09, 2012 3:25 pm

Ciao carissime!!
Mi riaggancio al mio ultimo post in Forum Bar, forse un po' OT, per ricordare un film che, anche se di 30 anni fa, trovo molto molto attuale.
Non lo avevo mai visto e sono rimasta folgorata dalla storia, cosi' intensa , attuale , mi e' piaciuto tantissimo e mi sono persa la fine ( ho letto su internet e come supponevo si e' verificato tutto quello che avevo immaginato...)
Non sono brava nelle recensioni , ma ne riporto una che rispecchia il mio pensiero, sperando di farvi cosa gradita .
Se non lo avete visto (ma sono sicura che la maggior parte di voi lo avra' visto anche piu' volte...) , ve lo consiglio.
Recensione
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13/11/2009
Bianca di Nanni Moretti
Ieri sera ho fatto vedere a mia moglie Tatjana il film di Nanni Moretti che di gran lunga preferisco: Bianca.

Del 1984, mette in scena in modo esilarante e drammatico lo psicopatico più convincente della storia del cinema italiano: Michele Apicella, professore di matematica al liceo in un sistema scolastico sgangherato (la scuola si chiama Marylin Monroe, gli insegnanti fanno lezione citando solo la Juve di Omar Sivori o l'attrice Claudia Cardinale e vanno in gita cantando in coro la battistiana "Dieci ragazze").
Misantropo, nevrotico, guardone, ossessionato dalle vite degli altri a cui vorrebbe applicare la limpida chiarezza dei teoremi matematici, Michele è angosciato dal tradimento degli amici e dalle amiche di un tempo: rapporti di coppia che si sfasciano, amori che marciscono nella menzogna.
"Continuiamo così, facciamoci del male" dice quando si autoinvita a pranzo a casa della famiglia di una propria studentessa e del suo fidanzatino, in una sequenza comicissima e straziante (quella della Sacher Torte che non è un Mont Blanc).
Poi nella vita di Michele entra la collega Bianca (Laura Morante)
e con lei irrompono l'amore, la felicità.
Un peso impossibile da reggere.
Intanto, avvengono degli omicidi.
Alcune sequenze memorabili:
- l'inizio con l'arrivo di Michele nella casa nuova (lavandini, water, bidet disinfettati dando fuoco all'alcol),
- Michele sulla spiaggia, con la colonna sonora di Battiato, in mezzo a coppie abbracciate e a decine di ragazze seminude, si sdraia su una sconosciuta che prende il sole e viene cacciato via da una piccola folla,
- Michele che di notte si sveglia nel proprio letto, sobbalza di spavento perchè si trova accanto Bianca, non riesce a riaddormentarsi e allora va in cucina a mangiar Nutella da un gigantesco barattolo,
- il primo contatto con la scuola Marylin Monroe e con il preside ridanciano e insopportabile, Michele che commenta: "Mi troverò bene",
- lo scambio di battute sul macellaio ("io l'ho inquadrata...lei è uno di quelli che hanno il macellaio di fiducia che le mette via i pezzi di carne migliori" "e cosa c'è di male?" "che poi vengo io e mi prendo i pezzi peggiori"),
- Michele che dice alla signora: "Chiami la polizia, tra poco mi sparo"
- Michele in classe che dice allo studente interrogato: "e tu non hai pietà di me",
- il monologo finale sulle scarpe e su Otelo de Carvalho.
Un film che amo perdutamente.

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....io mi sono persa l'ultima mezz'ora, ma a breve, in qualche modo, la vedro'.
Veramente bellissimo film
Pupa


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Messaggio Da Jazzbianco Mar Ago 21, 2012 1:12 pm

Dopo la notizia della morte di Tony Scott, ho deciso di rivedere la sua opera prima: The Hunger.
Non molto apprezzato dalla critica, uscito in Italia con l'irritante titolo di Miriam si sveglia a mezzanotte, questo film, seppur ancora stilisticamente molto vicino al mondo della pubblicità e dei video, presenta già quegli elementi che diventeranno il suo marchio di fabbrica: l'eleganza, sempre e comunque, ed un uso della luce sublime. E, senza mai rinnegare il suo passato, un'attenzione incredibile per la musica.

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Messaggio Da Ospite Mar Ago 21, 2012 2:55 pm

Jazzbianco ha scritto: E, senza mai rinnegare il suo passato, un'attenzione incredibile per la musica.


Oggi ho visto un film - Pagina 4 322513 Oggi ho visto un film - Pagina 4 322513 Oggi ho visto un film - Pagina 4 322513 Oggi ho visto un film - Pagina 4 443333

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Messaggio Da Ospite Mar Ago 21, 2012 7:32 pm

Oggi ho visto un film - Pagina 4 2257211317 I Bauhaus così, senza avvisare... Vuoi farmi venire un infarto, Jazz?

Oggi ho visto un film - Pagina 4 70383
Meraviglia... Oggi ho visto un film - Pagina 4 973772

L'altra sera io invece ho visto in tv City of God di Meirelles. Di quelle cose che solo d'estate possono capitare sulla Rai. Bello.

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Messaggio Da Exit Gio Set 06, 2012 3:26 pm

Ecco....voi consigliate tutti questi bei film belli impegnati e poi arrivo io e vi consiglio un film più leggero Oggi ho visto un film - Pagina 4 394737

Eh sì, perchè volevo consigliarvi una commedia romantica che ho visto tempo fa e che mi ha talmente colpito e ben impressionato che ora è decisamente tra i miei film favoriti...E' talmente ben fatta e ben recitata che una volta che si guarda non può non rimanere in mente.

E' del 2009 (quindi è possibile che qualcuna di voi l'abbia già visto Oggi ho visto un film - Pagina 4 252384 ).

(500) days of Summer

Spoiler:

è un film di Mark Webb, uscito in sordina negli Stati Uniti è riuscito a sbancare i botteghini grazie al passaparola della gente. In Italiano è stato tradotto con: (500) giorni insieme, che però fa perdere tutto il gioco di parole del titolo originale, visto che Summer, oltre a significare naturalmente estate, è anche il nome della ragazza di cui si innamora il protagonista.

Ed è proprio di questo che parla il film, dei 500 giorni della storia (compresa l'inevitabile rottura) tra Tom Hansen, ragazzo idealista e romantico e Summer Finn, ragazza spigliata e solare che non vuole legami perchè non crede nell'amore. Non lasciatevi ingannare però, perchè (come dice la locandina stessa e anche il narratore all'inizio del film) questa non è una storia d'amore ma una storia sull'amore.

La pellicola è veramente realistica, poetica e originale nel suo svolgimento. Tutta la storia viene vista attraverso lo sguardo a volte tenero, innamorato, a volte arrabbiato e disilluso del protagonista; un Ton Hanson che l'attore Joseph Gordon Levitt rende adorabile con i suoi sorrisi, i suoi silenzi e i suoi sguardi espressivi colmi di quell'idealismo e di quell'amore che a volte è veramente difficile da trovare. Soffri e gioisci con lui, è inevitabile.

Salti temporali, metodi di rappresentazione grafica sempre diversi, un pò di musical, dialoghi brillanti e simpatici, sceneggiatura ben scritta, regia con guizzi veramente geniali, due interpreti straordinari, il tutto sorretto da una colonna sonora che diventa lei stessa protagonista da quanto è coinvolgente e in simbiosi con ogni scena. Tutto ciò, a mio avviso, rende questo fillm una piccola perla e alcune immagini sono veramente un balsamo per gli occhi perchè sembrano quadri o istantanee di foto.

E' difficile spiegare a parole questo film, bisogna vederlo!

Oggi ho visto un film - Pagina 4 1492562774
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Messaggio Da Ospite Gio Set 06, 2012 4:00 pm

@Exit Io l'ho visto un annetto fa.
Pensavo di vedere un film come tanti, così senza troppi pensieri e invece l'ho trovato bello e coinvolgente.
Mi sono persino rivista in alcune situazioni, tanto da sorridere e commuovermi allo stesso tempo.
Grazie per averlo citato. :eh già!:


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Messaggio Da Ospite Gio Set 06, 2012 6:48 pm

Exit ha scritto:
(500) days of Summer

Bellino Oggi ho visto un film - Pagina 4 973772 Quando uscì al cinema non andai a vederlo, perché il titolo italiano "(500) giorni insieme" non m'ispirava per nulla. L'ho poi recuperato circa un anno fa, in lingua originale subbato, e ne sono rimasta piacevolmente sorpresa. E' carino, ironico e ben costruito dal punto di vista visivo: niente a che vedere con la classica commedia romantica. Oggi ho visto un film - Pagina 4 252384



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Messaggio Da Exit Gio Set 06, 2012 10:17 pm

@Cibi @Manu sono contenta vi sia piaciuto Oggi ho visto un film - Pagina 4 448215 Oggi ho visto un film - Pagina 4 865426
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Messaggio Da Castalia Ven Set 07, 2012 1:26 am

Grazie per la segnalazione, il film non l'ho mai visto (effettivamente il titolo non aiuta) ma recupererò senz'altro. Mi avete incuriosita.
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Messaggio Da Tulip Dom Set 16, 2012 4:19 pm

Castalia ha scritto:Grazie per la segnalazione, il film non l'ho mai visto (effettivamente il titolo non aiuta) ma recupererò senz'altro. Mi avete incuriosita.

Anche io non l'ho visto e la curosità l'avete fatta venire pure a me, Oggi ho visto un film - Pagina 4 807437

sto un po' indietro...nel senso che avrei voluto commentare una serie di cose viste in estate ma vabbè ...sempre dal tel. mi viene difficile.

Intanto, a chi ama l'animazione e non lo conoscesse già, segnalo il corto che è proiettato prima di Brave al cinema, LA LUNA, titolo originale in italiano,
una poetica storia di un disegnatore genovese che sta facendo fortuna alla corte della Pixar, Enrico Casarosa.

una delizia !

Questo è solo l'inzio.....................
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Messaggio Da Tulip Gio Set 27, 2012 11:18 am

Quanto sono contenta per la notizia su "Cesare deve morire " !
http://www.lanazione.it/toscana/spettacoli/cinema/2012/09/27/778290-OSCAR-TAVIANI-CINEMA-CARCERE.shtml

Avevo letto molto (anche i commenti qui) e il film l'ho visto in ritardo, quest'estate solamente, e sono rimasta molto colpita !

Sobrio, intenso, serio ma anche divertente; il gironalista dice bene "un film di grande potenza visiva e interpretativa",
emozionante per come racconta ancora, se fosse necessario, quale magia sia il teatro e quanto faccia bene a chi lo fa a tutti i livelli.

certo all'estero sarà difficile godere delle diverse "sfumature" dialettali dei protagonisti, accezionali attori dilettanti, che rendono così vero e godibile tutto ma il tema è universale e la cultura angloamericana adora tutto ciò cha ha a che fare con Shakespeare !
Speriamo bene Oggi ho visto un film - Pagina 4 320381
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Messaggio Da Joe Sab Apr 20, 2013 11:53 pm

Oggi ho visto un film - Pagina 4 1492562774

Un film che vi consiglio. Penso a Lev. Ma anche gli altri.
È un capolavoro. Un film a parte, non esiste un film simile nella storia.
L'ho visto l'anno scorso. Pare che esce questa settimana in italia. Andante a vederlo.
Posto la critica del Messaggero. Condivido tutto trane il finale dell'articolo quando dice : "Con un epilogo non all’altezza del resto, anche se Ozon gioca a carte scoperte".
Proprio no. Il finale invece è geniale. L'ultima scena è invece un capolavoro assoluto. Questo piano (plan) fisso con i commenti dei due protagonisti è l'apice di una storia inusuale nel racconto cinematografico.


Il messaggero di Fabio Ferzetti

Cinema: “Nella casa” di Ozon, quando il compito in classe è pericoloso
Un liceale di talento coinvolge il professore in un gioco letterario innocente ma non troppo
 
ROMA - Gira e rigira siamo sempre lì. Il cinema evolve, nascono nuovi formati, il digitale trionfa. Ma l’effetto più potente lo offre ancora un mezzo vecchio quanto l’umanità: l’immaginazione. Bastano un narratore di talento, un ascoltatore attento, ed ecco nascere un mondo tutto fascino e mistero. Anche se è banale e tutt’altro che esotico, perché è il racconto che fa il mondo, non viceversa.

Ma cosa succede se l’ascoltatore (lo spettatore) si fa complice del narratore e penetra in quel mondo modificando gli eventi secondo i suoi gusti? È la frontiera su cui lavorano i videogame delle ultime generazioni, ma il professor Germain Germain, nome e cognome Fabrice Luchini, sempre meraviglioso), non sa nemmeno cosa sia un videogame. Lui insegna letteratura, crede nel potere della parola, darebbe un braccio per essere uno scrittore di talento. Figuriamoci cosa succede quando fra i temi dei suoi sciaguratissimi allievi ne trova uno che letto ad alta voce cattura all’istante lui, sua moglie (Kristin Scott Thomas). E naturalmente noi, in platea.

Chi ha scritto quelle parole così acute e pungenti? Chi è Claude (Ernst Umhauer, una rivelazione), quel liceale intelligente e perverso che descrive con tanta acre esattezza l’interno borghese del suo compagno di classe Raphael detto Rapha, la sua vita ordinaria, i suoi genitori affettuosi e frustrati, le loro abitudini che celano abissi di non detto - e per giunta conclude il tema con un malizioso “continua”? Perché Claude, così dotato ma socialmente svantaggiato, tiene tanto a penetrare in quella famiglia così diversa dalla sua? Cosa desidera davvero, perché di tema in tema rende Rapha, la sua casa, i suoi genitori (e il suo rapporto con loro) così irresistibilmente, a tratti sordidamente interessanti? Sarà vero tutto ciò che osserva, intuisce, racconta? E cosa rischia il professor Germain rendendosi complice di quell’avventura, forse non tutta e solo letteraria?

Altro che sei, qui siamo a zero gradi di separazione! Con un professore che invece di osservare la giusta distanza tra docente e allievo, si lascia irretire dal suo (invidiabile) talento; e con la scusa di fargli da tutore letterario emenda, corregge, suggerisce strategie stilistiche e narrative dalle conseguenze molto concrete - forse. E non solo nella vita di Rapha e famiglia, ma anche in quella di Claude e dello stesso prof., in un vorticare di rimandi e citazioni (Flaubert, Tolstoj, Pasolini, Céline, o il Salinger letto dall’assassino di John Lennon, perché «la letteratura non insegna niente») che fanno pensare molto a Woody Allen ma non diventano mai leziose.

E fanno di questo film ispirato a una pièce dello spagnolo Juan Mayorga una brillante variazione sui temi cari a Ozon, l’eros, la creazione, la seduzione, il potere delle immagini e delle parole. Con un epilogo non all’altezza del resto, anche se Ozon gioca a carte scoperte (il finale è sempre la cosa più difficile). Che comunque non pregiudica l’intelligenza e il divertimento del gioco a cui siamo invitati.

NELLA CASA

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Messaggio Da Levnicolaievic Sab Giu 29, 2013 9:43 am

bellisssima recensione 
la-grande-bellezza-di-paolo-sorrentino-a-cannes-2013
di Sofia Adam
i

   Elegía = lat. elegía, dal gr. elegeía = èlegos, canzone luttuosa, voce probabilmente frigia, ovvero formata per imitare «e e lègein», dire ahi ahi, che serviva quasi da ritornello nei canti di lutto. Sorta di poesia d’argomento flebile cantata da prima ne’ funerali; e poiché questa poesia componevasi per lo più di distici, perciò siffatto nome fu dato in seguito ad ogni componimento in cotal metro che esprimesse alcun vivo affetto, anche amoroso.

(Premessa: è necessario, prima di tutto, fare un piccolo sforzo d’astrazione. Facciamo finta che le giraffe e i fenicotteri non siano così clamorosamente digitalizzati; facciamo finta che la Ferilli non abbia la faccia di Wojtyla tatuata sul braccio; facciamo finta che Sorrentino non sia, a volte, fin troppo consapevole di quello che fa. Applichiamo, in altre parole, quello che la teoria della traduzione chiama il principio di carità: scegliamo, cioè, l’interpretazione che considera vere la maggior parte delle affermazioni dell’indigeno – decidiamo, per metodo, di far significare a ogni immagine che Sorrentino usa quanto di più vero possa significare; accettiamo ogni lirismo senza imbarazzo. Prendiamolo sul serio. Si vedrà alla fine se di tanta generosità è valsa la pena).

Si potrebbe cominciare col dire: La Grande Bellezza non è quel che sembra.
Non è un film sulla mondanità, sulle apnee alcoliche, sulla deliziosa demenza di cinquantenni ancheggianti al ritmo di Mueve la colita o di sedicenti esteti che rendono presentabile il proprio essere spirituale – «non vuole parlare del mio travagliato e sofferto percorso d’artista?» – con la stessa autoindulgenza e lo stesso entusiasmo con cui offrono la bocca all’iniezione di botulino; non è nemmeno la denuncia morale di un’illusione, di un’immagine sguaiata e rarefatta della vita che da apparenza è chissà come diventata sostanza. Se, anzi, Sorrentino convoca in scena tutto il circo di repertorio – cubiste e nobildonne, bambine prodigio e demoniaci cardinali dediti al coniglio alla ligure più che al sacramento della confessione, intellettuali de sinistra forti dei loro ideali prêt-à-porter e sfatte soubrette con facce di luna piena – lo fa non tanto, o non solo, per denigrarlo, ma per mostrarlo com’è: specchietto per le allodole, congegno per ingannare il tempo, e neanche dei più raffinati. Esso funziona, in altre parole, come intrattenimento, e come tale Sorrentino lo usa: come un chiassoso corollario che svolge perfettamente il proprio compito nel momento in cui si rivela per quello che significa, cioè niente – «I nostri trenini sono i più belli di tutti. E sai perché? Perché non vanno da nessuna parte!» - e che, svelandosi niente, rimanda a ciò da cui dovrebbe distrarre; a ciò che, da tutto quel rumore, sarebbe dovuto essere nascosto.

È questo immaginario altrove, annidato dietro e sotto e prima dell’imbarazzo di stare al mondo, in cui affiora, sempre breve e sempre monco, il cuore del film; ed è nell’altrove che vive Jep Gambardella, ultimo esemplare della razza degli scrittori immaginari, per l’eternità al sicuro dall’umiliazione di una trama, e grande – beato lui – per una frase sola («A luce intermittente, l’amore si è seduto nell’angolo; schivo e distratto, esso è stato…»). Se la sua esasperata sensibilità – quella che gli faceva rispondere, da bambino, l’odore delle case dei vecchi alla domanda a cui tutti rispondevano, immancabilmente, con ‘a fess: cosa ti piace di più, veramente, nella vita? – non lo uccide, se anzi gli permette di diventare il re di tutti quelli che immancabilmente rispondono ‘a fess, è perché, in fondo, in quella galassia lui risiede di passaggio. I versi di Robert Burns, che, messi in musica da Arvo Pärt, invadono le scene in cui Roma più splende di solitudine – «my heart’s in the Highlands, my heart is not here» – servono appunto a ricordarci questo: che Jep Gambardella può essere il dolente paraculo che è, il più mondano dei mondani, re che soavemente sfascia il suo regno, soltanto perché sa che le cose vere – o forse soltanto le cose – non stanno lì.

Dove, allora? Dove sta quello di cui non si può ridere, il qualcosa piuttosto del niente?

«A luce intermittente, l’amore si è seduto nell’angolo; schivo e distratto, esso è stato…»

La risposta è: non sta; è stato, una volta. Il cuore della vita è ormai trascorso; tutto l’ambaradan – di luci, di parole, e di corpi – che agita le terrazze romane non è che un colossale marchingegno costruito apposta per scordarsi l’irrimediabile. Sorrentino dipinge con ferocia come questa ginnastica della dimenticanza si sia ammalata di elefantiasi e abbia colonizzato ogni spazio libero, ricoprendo ogni cosa di un luccicante nulla che invita all’abbandono; ma dipinge anche, con ferocia e con tenerezza, le fessure di realtà umana che ne spaccano la superficie, e che si manifestano, sempre, come tentativi di tornare indietro, di riacchiappare per la coda il velocissimo e impossibile animale passato.

La Grande Bellezza non è un film sul vuoto; è un film sulla nostalgia, che il vuoto dovrebbe attutire, e che invece attraversa, che lo vogliamo o no, la vita da un capo all’altro.
Sta scritto nei gesti fragili della nobile a noleggio Elisabetta Colonna di Reggio, che sale la notte al museo in cui un tempo la sua famiglia abitava soltanto per sentirsi restituire l’infanzia da un’audioguida davanti alla culla illuminata. Lo sa Dadina, arcana nana-fata sempre vestita di blu, che sa già tutto quel che serve sapere, compreso il fatto che è dovere di un amico far sentire l’altro, almeno una volta, come quando era bambino: – Il riso scaldato è sempre meglio di quello appena cucinato, – le dice Jep davanti a un piatto di riso al pomodoro; e lei sorridendo risponde: – E il vecchio è sempre meglio del nuovo. –

Lo dice a chiare lettere, alla fine del suo primo e ultimo spettacolo, Romano, incorruttibile Don Chisciotte che vive ancora in un appartamento di studenti universitari e che guarda in silenzio, come fossero un’unica bestia meravigliosa, due ragazzi che si conoscono da dieci giorni e che da dieci giorni ininterrottamente si baciano, sullo sfondo della spiaggia caraibica di una pubblicità appesa al muro su cui campeggia beffarda la scritta: t’immagini essere qua?: «che cos’avete contro la nostalgia?».
Lo sa, soprattutto, Jep Gambardella. La vita che era davvero sua, la felicità che davvero apparteneva a lui – il mare, la grazia dei diciott’anni, il suo unico elusivo amore – riappare in poche scene azzurre e negli incongrui gridi dei gabbiani che Jep sente anche quando non dovrebbe sentire; e quella felicità lo rende, in un certo senso, costantemente fuori luogo, osservatore illegittimo di ogni altra felicità. Davanti ai bambini che giocano, che sputano verità assolute nascosti nell’ombra di una chiesa, Jep ammutolisce come davanti a uno spettacolo non destinato a lui: la vita intatta, l’insopportabile biancore del tempo perso. A quel tipo di perdita non c’è rimedio; e quindi Jep ghigna, distrugge, tergiversa – e non scrive.

È proprio grazie al suo non scrivere – che è un’azione sostanziale: uno che scrive, preso nel momento in cui invece non scrive, non sta facendo altro; sta sempre, inevitabilmente, non scrivendo (aspettando di scrivere, evitando di scrivere) – che Jep, a differenza degli altri, capisce. E il film, che è un film sul tempo e sull’allontanarsi delle cose vere, è la storia di Jep che capisce.
Il come arrivi a capire, Sorrentino lo affida alla visione senza mai determinarlo con certezza. Che sia Ramona che nel suo mantello oltremare attraversa correndo la galleria di Palazzo Spada – «sembrava enorme, e invece è piccola piccola!»; che sia la minuscola santa trattata da chi la circonda già come una reliquia, che da seduta fa dondolare i piedi al modo dei bambini fino a perdere una scarpa per terra; o che sia il viso dello strano uomo dell’Est fotografato da suo padre ogni mattino da quand’è nato, e che alla morte del padre ha continuato da sé e ora espone sotto arcate di pietra tutti i suoi giorni in file e file di foto, nessuna delle quali può dire cosa veramente l’abbia trasformato da bambino a ragazzo a uomo, quando di preciso sia avvenuto il salto – Sorrentino non lo dice; lo dicono, forse, gli occhi di Servillo, fosse delle Marianne di assurda malinconia, che però non lasciano passar fuori nulla di quel che accade al loro interno.

Se il come non ci è chiaro, possiamo però tentare di comprendere il cosa. «Cercavo la grande bellezza. Ma non l’ho trovata.» Questo dice Jep alla santa (tralasciamo – l’abbiamo deciso all’inizio – che il dialogo decisivo avvenga durante l’imbarazzante scena dei fenicotteri); glielo dice tentando di rispondere, onestamente, alla domanda che in tanti gli hanno posto: ossia perché, dopo il suo unico romanzo di uomo innamorato, lui non ha più scritto. Non ha più scritto, dice, perché non ha trovato la grande bellezza; ma riprende a scrivere per lo stesso identico motivo – perché non ha trovato la grande bellezza.
Perché la grande bellezza, la bellezza che non si perde e che riempie il tempo in tutti i suoi angoli, se anche esiste, non esiste in vita; ad affiorare, nello stare al mondo, sono i pezzi sparsi di quella pienezza – gli «sparuti, incostanti sprazzi»: le arance cadute in un pomeriggio di sole, la stanca e schietta sensualità di una quarantenne malata che nuota in piscina, l’azzurro e il seno nudo della prima volta, il profumo dei fiori; qualcosa che è stato e che si è perduto, e che non poteva, in nessun modo, essere altrimenti che perduto. L’illusione umana, il compromesso, l’inganno – «è solo un trucco!» – sta nel credere che la parte sia l’intero, che in ogni straccio di bellezza ci sia lei, la grande bellezza; come se, ridendo in faccia al tempo con la giusta quantità di disperazione, ci fosse veramente dato il potere di tornare indietro, di prendere quel povero ricordo e di amplificarlo fino a fargli riempire ogni angolo, fino a ridargli la vita che aveva, che non può più avere, che così intensamente vorremmo che avesse.
Jep, quindi, ritorna dalla sua lontananza, vale a dire: ricomincia a scrivere; prende l’altrove, l’immensa e silenziosa grazia che sta – e starà sempre – dall’altra parte della vita, e lo porta di qua; ed Elisa, allora e solo allora, si volta di nuovo a guardarlo.
E che non sia questa, ci suggerisce all’orecchio Sorrentino – per altro già dall’inizio, con l’epigrafe di Céline: il viaggio che ci è dato è interamente immaginario… – l’unica grande bellezza?
«Altrove, c’è l’altrove. Ma io non mi occupo dell’altrove.»
La Grande Bellezza è un film su quello che manca. Ma Sorrentino, che lo volesse o no, di certo non è riuscito – con buona pace di Flaubert – a fare un film sul niente; perché quello che manca, la grande bellezza, è tutto meno che niente.

(Eccoci. Sorrentino è elegiaco; è pretenzioso; è barocco. Lo sappiamo, e ciononostante l’abbiamo preso sul serio. Abbiamo concesso alla sua storia immobile il privilegio di dire quanto di meglio potesse dire; abbiamo creduto ciecamente, come si fa da innamorati, che anche dietro alle più goffe e mielate tra le sue infinite scene ci fosse una verità. L’abbiamo fatto perché il suo film, per quanto imperfetto, per quanto citazionista, è soprattutto struggente; e il suo essere struggente ci ha, appunto, gettati nello stato mentale di chi è innamorato – stato mentale caratterizzato da una profonda, e programmatica, ingenuità; di cui, notoriamente, qualcosa di vero rimane anche quando la sbornia svanisce).
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