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Messaggio Da ariadne Mer Giu 25, 2014 8:30 am

http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/6-luglio-muti-redipuglia-concerto-grande-guerra-1030904.html

 IL 6 LUGLIO Muti a Redipuglia: un concerto per la Grande guerra
Proprio davanti alla colossale scalea sui cui milleduecento gradoni riposano più di centomila soldati italiani, noti e ignoti. È sotto questo impressionante «calvario» del XIX secolo - il Sacrario di Redipuglia - che il 6 luglio alle 21 (in diretta su Raitre in differita su Raiuno il 1 agosto) Riccardo Muti darà il via ufficiale alle celebrazioni per il centenario della Prima Guerra Mondiale, dirigendo davanti al presidente Napolitano la Messa da Requiem di Verdi, a capo di un'orchestra che simbolicamente unirà i giovani della «Luigi Cherubini» a musicisti delle massime orchestre dei paesi allora nemici. «Dedicheremo infatti questa celebrazione non solo ai nostri morti - precisa il maestro - ma a quelli di tutti i paesi, e di tutte le guerre, per lanciare un messaggio di conciliazione universale». Prodotto dal Ravenna Festival assieme al Mittelfest, il requiem verdiano è stato scelto «perché squisitamente italiano. E perché firmato dal nostro più grande musicista». Sarà inoltre eseguito da giovani musicisti uniti a grandi veterani «perché dei giovani si fa sempre un gran parlare, ma quel che conta sono i fatti. E ciò che si impara dalla grande musica è un fatto». PS
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Messaggio Da Jazzbianco Mer Lug 16, 2014 11:21 pm

http://www.onstageweb.com/speciali/duran-duran-unstaged-al-cinema-il-documentario-david-lynch/

Duran Duran Unstaged, al cinema il documentario sperimentale diretto da David Lynch


Pietro Pruneddu

Sarà proiettato il 21, 22 e 23 luglio nei cinema italiani il docufilm Duran Duran Unstaged diretto da David Lynch. Una pellicola attesissima, di cui vi mostriamo il trailer e, in anteprima esclusiva, un estratto in cui la band suona la celebre hit Rio.

Prendete un regista cult e una delle band più iconiche degli anni ’80. Metteteli insieme e avrete una pozione magica a metà strada tra una macchina del tempo nostalgica e un’opera d’arte d’avanguardia. Gli ingredienti della miscela esplosiva sono David Lynch e i Duran Duran, mente visiva e attori protagonisti del documentario Unstaged. Il film, presentato in anteprima mondiale al festival di Cannes del 2013, arriva in Italia il 21, 22 e 23 luglio grazie alla rassegna Woovie Nights, presentata da QMI, che in poco più di un mese ha portato nei cinema della Penisola quattro pellicole a sfondo musicale. Duran Duran Unstaged è il terzo capitolo del grandioso progetto “American Express Unstaged”. Il colosso finanziario americano, in collaborazione con YouTube e VEVO, ha realizzato cinque film basati su concerti, unendo grandi artisti e registi di fama mondiale. Il primo episodio fu lo show degli Arcade Fire al Madison Square Garden di New York del 2010 diretto da Terry Gilliam, il secondo vide protagonisti i Roots e John Legend con la regia di Spike Lee. Poi è stata la volta della band di Simon Le Bon.

I 112 minuti di girato raccontano il live del 2011 al Mayan Theater di Los Angeles, durante il loro All You Need Is Now Tour. Ma non si tratta di un semplice concerto per immagini. Lynch (che non lavorava ad un lungometraggio dal 2006) ha partorito un’esperienza sperimentale unica dirigendo in live streaming e usando il bianco e nero. Il regista ha creato in tempo reale due strati visivi sovrapposti. In uno c’è la performance della band britannica, per l’occasione in formazione originale con Simon Le Bon, Nick Rhodes, John e Roger Taylor. Nel secondo filtro parallelo scorrono disegni, attori che recitano, fumo, effetti speciali. Un viaggio ai confini della lisergia che accompagna le 18 canzoni della scaletta: da Hungry Like The Wolf a Ordinary World, da A View To A Kill fino a Rio. Tra le altre chicche imperdibili, la canzone Blame the Machines, mai suonata dal vivo in precedenza.

Tanti e di livello anche gli ospiti sul palco: Kelis, Gerard Way dei My Chemical Romance (duetto sulle note di Planet Earth), la cantante dei The Gossip Beth Ditto e il produttore enfant prodige Mark Ronson che suona la chitarra in Girl Panic!. A far da collante alla voce di Simon Le Bon il talento visionario di uno dei più grandi registi contemporanei, da sempre grande fan dei Duran Duran. «Ci siamo mossi con un occhio agli spettacoli dei Pink Floyd, immaginando un miscuglio di cose che nuoteranno insieme», ha ammesso l’autore di capolavori come Twin Peaks, Blue Velvet, The Elephan Man e Mulholland Drive. L’unicità del tutto è data dal fatto che in 30 anni di carriera la band aveva concesso le riprese in HD soltanto in un’altra occasione. Il risultato è un documentario che è finito perfino al MoMa di New York, il museo di arte moderna più famoso al mondo. D’altronde, come ha confessato il tastierista Nick Rhodes, «i Duran Duran hanno scelto Lynch perché i prodotti convenzionali non appartengono alla nostra storia». E questo documentario, di convenzionale, non ha proprio nulla.

In anteprima esclusiva, vi mostriamo un estratto del docufilm in cui i Duran Duran cantano Rio.



Questo invece è il trailer di Duran Duran Unstaged.

http://pdl.vimeocdn.com/48729/249/267335936.mp4?token2=1405546025_4867f814094075923c8c498375817d67&aksessionid=1e96db4b95330579
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Messaggio Da Jazzbianco Mer Ago 27, 2014 9:25 am

http://www.tgcom24.mediaset.it/spettacolo/2014/notizia/adele-vasco-madonna-e-tiziano-ferro-accenderanno-l-autunno-musicale_2061872.shtml

Adele, Vasco, Madonna e Tiziano Ferro accenderanno l'autunno musicale
Pioggia di dischi in arrivo tra graditi ritorni e sorprese last minute
di ANDREA CONTI

Si preannuncia un autunno musicale caldissimo tra graditi ritorni e sorprese last minute. Dal progetto di Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzé al ritorno degli Spandau Ballet, da Franco Battiato a Vasco Rossi, da Mario Venuti a Ornella Vanoni passando per Adele e Madonna. Per il mercato natalizio scaldano già i motori Vasco Rossi, Tiziano Ferro, Modà e One Direction. E c'è chi scommette in una "incursione" di Lorenzo Jovanotti.

A settembre sarà pubblicata una valanga di dischi italiani ed internazionali. Il 2 è la volta de Il Cile ("In Cile Veritas), Maroon 5 ("V"), il rapper Ensi ("Rock Steady") e The Kooks ("Listen"). Il 9 arrivano Club Dogo ("Non siamo più quelli di Mi Fist"), Zero Assoluto ("Alla fine del giorno"), Robert Plant e Gianluca Grignani ("A volte esagero"). Il 16 Franco Battiato ("Joe Patti's experimental group"), The Script ("No Sound Without Silence"), Counting Crows ("Somewhere Under Wonderland"), Ariana Grande ("My everything"), il trio Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzé ("Il padrone della festa") e i Marlene Kuntz. Il 23 è la volta di Cristina Donà ("Torno a casa a piedi"), Subsonica ("Una nave in una foresta"), Mario Venuti, Tony Bennet & Lady Gaga ("Cheek To Cheek"), David Bisbal ("Tu y Yo"), Professor Green ("Growing Up In Public"), Lenny Kravitz ("Strut"), Sergio Cammariere, Ornella Vanoni ("Più di me, più di te, più di tutto"). A chiudere il mese Ne-Yo e Alberto Fortis. Ancora senza data precisa ma sempre di settembre si parla: Fedez, Marina Rei, Rita Ora, Led Zeppelin, Amedeo Minghi ("Suoni tra ieri e domani") e Red Canzian.

Il 31 ottobre al Medimex di Bari Vasco Rossi presenterà il suo disco di inediti, in uscita il 4 novembre, che si preannuncia ricco di sorprese per il sound, poi c'è tanta curiosità attorno al nuovo progetto targato Pink Floyd sempre a ottobre. Torna anche la regina del soul Aretha Franklin e un disco tutto nuovo per David Bowie. Taylor Swift ha annunciato per il 28 ottobre l’uscita del suo nuovo album "1989".

Ci si avvicina così al ghiotto mercato natalizio che vede scendere in campo Fiorella Mannoia, i Modà con un cofanetto speciale che racchiude immagini e suoni del tour europeo, americano e il live allo stadio San Siro ma anche un duetto con una artista internazionale, Tiziano Ferro che proporrà un Best totalmente innovativo, le attesissime Madonna e la regina delle vendite mondiali Adele. E ancora gli Spandau Ballet e il primo dicembre arriva anche il dvd cd live "One Direction Where We Are Live from San Siro Stadium".
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Messaggio Da Jazzbianco Gio Ago 28, 2014 9:51 am

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08/27/classifiche-musicali-anche-lo-streaming-per-pesare-i-singoli-digitali-piu-venduti/1100546/

Classifiche musicali, anche lo streaming per “pesare” i singoli digitali più venduti
La Federazione industria musicale italiana annuncia che da settembre cambia il sistema di rilevamento dei “nuovi 45 giri”: cento streaming conteranno come un download. Un'operazione che strizza l'occhio ai ragazzi di 16-24 anni che ascoltano canzoni su Spotify, TIM music e Deezer. Si sentono penalizzati i produttori indipendenti: "Gravi ripercussioni non solo su di noi, ma anche su artisti più rappresentativi come Ramazzotti e Pausini"

di Maurizio Di Fazio | 27 agosto 2014

Cambia il sistema di rilevamento dei singoli digitali più venduti ogni settimana in Italia. L’ha annunciato la Fimi, Federazione industria musicale italiana, che se ne occupa attraverso la società di ricerche di consumo Gfk. E così, da settembre insieme ai “classici” download, anche lo streaming avrà un suo forte peso nel decretare i “nuovi 45 giri” più ascoltati nella Penisola: cento streaming conteranno come un download. Il nuovo sistema misto rappresenta “un modo per tenere le classifiche al passo con l’evoluzione d’ascolto dei consumatori”, assicura la Fimi. L’operazione strizzerebbe insomma l’occhio ai ragazzi di 16-24 anni che, incollati ai loro smartphone e tablet, fanno delle librerie musicali online come Spotify, TIM music e Deezer il loro nuovo impianto stereo in movimento.

“Il primo semestre del 2014 ha proposto risultati in crescita rispetto all’anno precedente. Ma per la prima volta lo streaming, tra audio e video, è cresciuto del 95%, ha superato il download (sceso del 18%) e rappresenta, oggi, il 55% dei ricavi del digitale, rispetto al 34% del 2013” dicono dalla Fimi. Complessivamente lo streaming ha generato 12,6 milioni di euro, contro i 9,8 milioni del download. E con lo streaming audio è lievitato anche quello video: tra YouTube e Vevo, il segno più è del 72%, con un fatturato di quasi 7 milioni di euro.

In generale sono i canali digitali ad avanzare inesorabilmente: la loro crescita è del 20% (fatturato di 23 milioni di euro), mentre il mercato dei cd segna il passo, con un meno 2% (30,7 milioni di euro di fatturato). Ma c’è chi dice no al nuovo sistema combinato download/streaming con cui verranno incoronati i nuovi re del singolo digitale. “Questo nuovo tipo di classifica, pur consapevoli della crescita dello streaming, è precipitoso, prematuro, mal ponderato, e penalizza fortemente gli Artisti italiani e l’Industria Indipendente Italiana” – lamenta Mario Limongelli, presidente del Pmi (produttori musicali indipendenti). Che poi aggiunge: “Siamo seriamente preoccupati per la nostra musica che è cultura e va tutelata con forza in tutte le sedi. Siamo pronti a discutere seriamente con Fimi e Gfk per trovare un’adeguata soluzione che consenta a major, indipendenti e a tutti gli attori del settore musicale di trarre benefici da questo ennesimo processo evolutivo del nostro settore”.

Quindi la musica indie potrebbe uscirne a pezzi da questa grande riforma delle top-ten? Per Limongelli, non soltanto quella: “Anche gli artisti italiani più rappresentativi, come Eros Ramazzotti e Laura Pausini, rischiano di scomparire da questa nuova classifica, a vantaggio degli artisti internazionali”. E allora che fare? “Buon senso vuole che si dia tempo e modo alle aziende di riorganizzare la strategia di promozione e comunicazione delle nuove produzioni: questo elemento di vitale importanza, da noi denunciato, è stato disatteso. Artisti italiani, mobilitatevi, se non volete compromettere il futuro della vostra carriera” conclude il presidente del Pmi.

“Come si può svuotare l’oceano con una conchiglia? Invece di capire dove va il mondo, cercano di fermarlo. E meno male che sono indipendenti” dice al ilfattoquotidiano.it Umberto Palazzo, cantante del Santo Niente, rock band di culto che fu lanciata dal Consorzio produttori indipendenti (CSI) di Giovanni Lindo Ferretti. “Il primo metodo di ascolto degli adolescenti, oggi, cioè della maggioranza dei consumatori musicali, è Youtube, inteso come app, che ha superato persino la radio”. Il futuro è già scritto: “Il mercato appartiene a Google e alle app. Il resto sono briciole” aggiunge Palazzo. E la tutela degli artisti italiani? Secondo lui “col nuovo sistema misto download/streaming si capirà che il peso reale delle star italiane è risibile rispetto ai veri ascolti, e verrà fuori una realtà che noi addetti ai lavori già conosciamo: che la dance internazionale è ormai quasi tutto il mercato, e che una Pausini oggi vende non più di 150 mila copie nel mondo. Leviamoci le mutande, dell’ipocrisia”.
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Messaggio Da Jazzbianco Sab Set 20, 2014 12:18 pm

http://www.rockol.it/news-635100/david-bowie-parla-tony-visconti-presto-un-nuovo-album#article

David Bowie, parla Tony Visconti: 'Presto un nuovo album, oltre alla raccolta'

19 set 2014

David Bowie si appresta a tornare sulle scene, a poco più di un anno di distanza dalla pubblicazione del suo ultimo album in studio "The next day", con nuova musica; e non si tratta del brano inedito, intitolato "Sue (or in a season of crime)", che sarà contenuto nella raccolta "Nothing has changed" (attesa nei negozi a novembre), ma di un vero e proprio nuovo album. A rivelarlo è stato il produttore di Bowie, Tony Visconti, in un'intervista concessa alla CNN: "Ci sarà un nuovo album presto, sicuramente", ha detto infatti Visconti. Che, poi, si è lasciato andare anche ad alcune dichiarazioni in merito ad un possibile ritorno sui palchi di David Bowie: "David non ha promosso con alcun concerto il precedente 'The next day' e non posso prevedere ciò che farà per il prossimo album. Sta a lui la scelta, dipende da quello che gli passa per la testa".

Non è dato sapere quando sarà pubblicato questo nuovo lavoro in studio del Duca Bianco, anche se Visconti ha lasciato intendere che non manca molto al rilascio del disco. A tal proposito, la rivista musicale New Musical Express ha scritto (riportando la notizia): "Questo nuovo album sarà in aggiunta al greatest hits 'Nothing has changed', nei negozi da novembre". D'altronde, lo stesso David Bowie, lo scorso luglio, aveva promesso di rilasciare presto nuova musica.
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Messaggio Da Jazzbianco Mer Ott 08, 2014 11:29 am

http://www.radiowebitalia.it/il-grande-abarasse-il-nuovo-album-di-john-de-leo/

‘Il Grande Abarasse’ il nuovo album di John De Leo


Redazione | 8 ottobre 2014

S’intitola ‘Il grande Abarasse’ il nuovo album di John De Leo. Pensato come un concept album i cui personaggi si muovono all’interno di un ipotetico e surreale condominio, il lavoro dell’artista romagnolo arriva a 6 anni di distanza dal precedente.

Articolato in 10 tracce, oltre a quelle nascoste, l’album vede anche la partecipazione dell’Orchestra Filarmonica del Comunale di Bologna e Uri Caine al pianoforte. “Faccio canzone, jazz e altro – dice De Leo -, mischiare i generi non è reato”.

Dagli anni ’90 ad oggi JOHN DE LEO è stato promotore di innumerevoli progetti artistici, anche non strettamente a carattere musicale, e ha collaborato con personaggi come Stewart Copeland, Uri Caine, Elisabetta Sgarbi, Louis Andriessen, Trilok Gurtu, Stefano Benni, Banco del Mutuo Soccorso, Carlo Lucarelli, Stefano Bollani, Paolo Fresu, Danilo Rea, Roberto Gatto, Franco Battiato, Enrico Rava, Ivano Fossati, Gianluca Petrella, Alessandro Bergonzoni e tanti altri.
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Messaggio Da Jazzbianco Lun Dic 22, 2014 10:49 pm

http://www.rockol.it/news-640761/joe-cocker-morto-ricordo#article

Addio a Joe Cocker
22 dic 2014

Joe Cocker è scomparso all'età di 70 anni: la notizia, diffusa in serata, è stata confermata dal suo agente Barrie Marshall. L'artista inglese stava da tempo combattendo con il cancro ai polmoni. "E' stato senza dubbio la più grande voce rock/soul ad arrivare dalla Gran Bretagna, ed è rimasta la stessa persona lungo tutto il corso della sua vita", ha commentato Marshall, che ha descritto Cocker come "Gentile, umile, un uomo che amava esibirsi sul palco: chiunque l'abbia mai visto dal vivo non lo dimenticherà mai".

Cocker viveva da tempo negli Stati Uniti ed è spirato nel suo ranch in Colorado.

Famoso per la sua voce roca, Cocker era nato nel 1944. Dopo un iniziale insuccesso come cantante pop – sotto il nome di Vance Arnold –  trova la sua strada esibendosi con un repertorio più rock e soul – assieme alla Grease Band, il gruppo di supporto - nei diversi pub dell’Inghilterra. Sfonda nel novembre 1968 grazie al sua versione della canzone dei Beatles "With a little help from my friends". La sua carriera decolla ulteriormente dopo aver cantato al festival di Woodstock nell’agosto del 1969: famosissima la sua interpretazione proprio del brano dei Beatles, immortalata nel film di Michael Wadleigh.  Un secondo successo è poi una versione della canzone di Leon Russell, intitolata "Delta lady" (autunno 1969). Entrambi gli album da cui sono tratti questi singoli – "With a little help from my friends" e "Joe Cocker!" – diventano disco d’oro in America.

I problemi di salute per abuso di alcol riducono la grande potenzialità della voce di Cocker, ma comunque il musicista ritorna nella classifica americana nel 1975 con la romantica ballata "You are so beautiful", raggiungendo anche la vetta con il duetto – assieme a Jennifer Warnes - di "Up where we belong", il tema musicale del film “Ufficiale e gentiluomo” del 1982, che gli vale un Oscar per la miglior canzone originale. Sempre dal cinema arriva una sua altra grande intepretazione degli anni '80: "You can leave your hat on", originariamente scritta e incisa da Randy Newman nel 1972, venne reincisa da Cocker nel 1986 per "Nove settimane e mezzo", film con Mickey Rourke e Kim Basinger.
Cocker riesce a essere sempre più o meno presente in classifica anche per tutti gli anni novanta, continuando a lavorare pure nel nuovo millennio. Il suo ultimo album di studio, "Fire it up", risale al 2012. Ad esso era seguito ol CD/DVD "Fire It up live", pubblicato nel 2013.
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Messaggio Da ariadne Ven Gen 23, 2015 4:47 pm

http://www.tvblog.it/post/723296/canzoni-sanremo-2015

http://www.ilsussidiario.net/News/Cinema-Televisione-e-Media/2015/1/13/SANREMO-2015-Si-parte-il-10-febbraio-tre-vallette-per-Carlo-Conti-Emma-Arisa-e-Rocio-Munoz-Morales/572105/
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Messaggio Da Jazzbianco Lun Feb 02, 2015 9:32 pm

http://www.rockit.it/alessandro-raina-x-factor-intervista

Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sui talent show, spiegato da Alessandro Raina

29/01/2015 di Nur Al Habash
Abbiamo intervistato Alessandro Raina per farci raccontare un talent show come X Factor dal punto di vista di qualcuno che ci ha lavorato: ci ha raccontato della forza della lobby gay, della presunzione e del talento, che è nascosto ma c'è. Una lunga lettura che vi chiarirà le idee su come funzionano le cose in tv, e dentro le etichette major.

Iniziamo subito andando dritti al punto: X Factor. Com'è iniziato tutto, e che impressione ne hai avuto?
Premettiamo che io X Factor non l’ho mai seguito. Ho seguito solo l’anno in cui vinsero gli Aram Quartet e Giusy Ferreri arrivò seconda e la stagione di Mengoni. Mai e poi mai mi sarei immaginato di arrivare in quell’ambito se non come autore, ma non per un atteggiamento snob. Non sono mai stato critico verso questo genere, magari di più verso Amici, che però paradossalmente ho seguito di più per capire come funzionassero le lezioni di canto.
Quindi sono approdato a X Factor di punto in bianco, quando mi arrivò questa chiamata da Giulio Mazzoleni, un ex collaboratore della Universal che nel frattempo era entrato nello staff di Mika, il quale si ricordava di me perché avevamo fatto insieme la promozione dell’ultimo disco degli Amor Fou, in particolare una cosa che avevamo fatto per Vanity Fair. Quando a X Factor si è deciso di inserire queste nuove figure, i producer, lui ha proposto uno come me che nell'ambito era un elemento nuovo, un po’ diverso, che veniva da un ambiente molto più alternativo degli altri proposti, più giovane e con un’attitudine magari più “internazionale”, credendo quindi che a Mika potesse piacere questa cosa. Nella realtà in effetti è andata così, senonché quando sono andato a fare il mio colloquio al Forum di Assago nel mese di agosto, me ne andai furibondo perché il tutto durò tre minuti dopo una attesa di 4 ore, con Mika che mi dava le spalle preparando un tè e io che cercavo di riempire questi vuoti imbarazzanti. Dopo di me entrò Bertallot, rimase dentro 40 minuti e uscì abbracciato a uno degli autori, quindi per me l'esito era abbastanza chiaro, ma mi sbagliavo.

Che tipo di colloquio è stato?
Mi hanno chiesto cosa non avesse funzionato l’anno prima secondo me, cosa ne pensavo di Mika e cosa ne pensavo delle sue scelte. Io gli ho spiegato semplicemente cosa ero capace di fare e cosa non ero assolutamente in grado di fare... quindi nel caso in cui mi fosse venuto in mente qualcun altro che potesse fare meglio di me, glielo avrei consigliato. Però, sulle cose che mi sentivo di saper fare, ero abbastanza sicuro di esser la persona giusta. Quindi ho detto a Mika che non ero un suo fan, che avevo sentito sì e no 2 o 3 suoi pezzi, e che quindi da parte mia non ci sarebbe mai stato un atteggiamento adorante o servile. Ho pensato sarebbe stato meglio dire la verità, senza cercare di fare il figo, anche se sinceramente ero molto fatalista perché pensavo che sicuramente gente come me non sarebbe andata bene per un contesto come quello di X Factor. Invece mi hanno chiamato dopo quasi due mesi, dicendomi che in realtà Mika non aveva più sollevato la questione perché aveva già deciso di prendere me (anche se questo non l’aveva capito nessuno), cosa che mi rivelò in un bellissimo incontro di due ore a casa sua in cui gettammo le basi della nostra collaborazione. In realtà nemmeno loro avevano chiarissimo in mente cosa dovesse fare un producer all'interno del programma; per loro è stato un esperimento legato al fatto che avessero necessità di affiancare i giudici con persone musicalmente competenti e con un'età più vicina ai ragazzi, che sembrassero meno dei maestri, e che potessero interfacciarsi sia col giudice che con la macchina che produce le basi dei pezzi. Devi immaginare che X Factor è una grande città con tanti reparti che non sono in grandissima comunicazione tra loro, poi c’è il loft dove sono i ragazzi che è un mondo parallelo. A un certo punto tutti si interfacciano con tutti, e questo poi determina dei mega assembramenti al semaforo: per questo hanno cercato delle figure che potessero parlare in modo autorevole innanzitutto con i giudici (che sono come degli dei, a cui tutto è concesso e tutto possono decidere) poi con gli autori e che infine che passassero del tempo con i ragazzi tutti i giorni, ma non fossero dei vocal coach.
Quindi nella pratica di tutti i giorni, il tuo compito qual era?
Lavoravo con i ragazzi, seguivo le prove a volte da solo a volte con le vocal coach. A un certo punto siamo diventati come dei fratelli per loro, perché lavoravamo comunque cinque o sei ore al giorno per preparare le canzoni della puntata successiva; però poi tutti i concorrenti tiravano fuori altri problemi: avevano i dubbi, volevano ritirarsi, non trombavano, oppure avevano iniziato a non capire più da che parte stavano… insomma erano stressati. Quindi io dovevo fondamentalmente stare lì, ascoltarli e decidere quando dovevano fermarsi o quando dovevo cazziarli.
Quindi da parte tua c’era sia un supporto artistico sia psicologico.
Super psicologico! Anzi da metà in poi più psicologico che artistico… perché questi ragazzi venivano dalle scuole di canto o dal piano bar, da progetti loro che non sono mai partiti del tutto, per cui alla fine avevano ripiegato sulle cover, oppure erano proprio ragazzini senza alcuna esperienza: c’è stata gente come Ilaria, che è passata direttamente dalla scuola di musica alla tv, quindi senza neanche aver mai cantato dal vivo prima di X Factor. A questi ragazzi devi anche un po’ raccontare cosa è la musica, o perché si scriva un certo tipo di canzone.


Quindi le persone che vengono selezionate dai talent show non sono dei musicisti, né degli artisti… sono principianti totali?
Alcuni sono dei musicisti: ad esempio Lorenzo Fragola, il ragazzo che ha vinto, è un musicista e anche bravo che suona duemila strumenti per passione, però nessuno di loro ha una grande idea di cosa voglia dire fare l’artista. Quindi chi magari è educato e più positivo prende il talent come una sorta di università: studia, e ti ascolta. Non capita spesso di poterti relazionare con mega artisti, insegnanti con alle spalle 30 anni di carriera e popstar internazionali: se uno lo prende così è veramente uno stage ultraformativo. Invece quelli che arrivano lì credendo che tutto sia una macchina costruita per lanciarli, ovviamente si perdono tantissimo… che vincano o che arrivino ultimi, è chiaro che se poi non abbiano un pezzo di grande successo il loro percorso è probabilmente un episodio. Mentre alcuni capisci che sono strutturati, scatta qualcosa per cui anche tra squadre, tra tutti, c’è la percezione di chi meriti davvero. È una cosa abbastanza naturale: prendi ad esempio Lorenzo, il terzo giorno che son stato lì dentro sono andato dal suo producer che è Fausto Cogliati, lo stesso di Fedez, e gli ho detto “guarda, sarà una coincidenza ma al contrario di altri, lui non l’ho mai visto cazzeggiare, suona e canta sempre”. In realtà questa è una sorta di selezione, se hai questa forma mentis, riesci. Se hai dei requisiti che "matchano" con quell'ambito lì, che è quello della ricerca di un interprete, puoi avere i presupposti per un grande successo, altrimenti fai un'esperienza. Utile non so quanto, probabilmente divertente se sei giovane, ma poi tra un anno o due tornerai nel tuo mondo.

Hai detto una frase chiave, cioè che il fine ultimo del talent è la ricerca dell’interprete. Secondo te funzionerebbe in Italia un talent dove invece si tirano fuori degli artisti o dei musicisti veri?
Per quanto riguarda i talent, secondo me si può fare tutto. Però quasi sempre tutti i concorrenti vengono da scuole di musica dove hanno studiato canto e basta, e non si rendono conto che stanno andando in una trasmissione televisiva dove la componente di immagine, l'attitudine, è fondamentale, perché sarai sempre ripreso e potresti andare a influenzare il voto degli spettatori. Questo secondo me vuol dire che la figura dell’interprete, proprio perché ha bisogno di una struttura attorno a sé, è sicuramente più gestibile in una situazione del genere. È l'elemento finale di un prodotto che consiste in un insieme di brani che deve arrivare al grande pubblico. La figura dell’artista più versatile, tipo il cantautore, teoricamente nasce già più completa, più preparata e quindi più consapevole, magari più esigente ed egocentrica, potrebbe creare delle dinamiche complesse da gestire e non per forza sarebbe appetibile per il pubblico generalista quanto dei ragazzi che cantano. Il meccanismo del talent televisivo deve essere una cosa di immedesimazione veloce: il cantante ti sta simpatico, lo vedi, ti identifichi, ti emoziona… la voce è un mezzo immediato. Questo funziona soprattutto in Italia, poiché non abbiamo una grande cultura di valorizzazione degli aspetti musicali. So che hanno spesso immaginato altri tipi di talent, però la figura del cantante giovane e anche un po’ ingenuo, naif, in cui ci si può immedesimare, funziona. Devono essere persone che alla fine ce la fanno, che seguono un percorso di crescita. E probabilmente il fatto che in questo momento il pubblico giovanile sia l'80% di chi vota, partecipa e crea i numeri, è il motivo per il quale la figura del cantante giovane e anche un po' ingenuo corrisponde perfettamente alle richieste del programma.
Quindi è soprattutto una questione di marketing, niente di nuovo
Secondo me sì. Poi io ho guardato anche altri talent, come Masterpiece, quello degli scrittori che tra l'altro è una produzione di Lorenzo Mieli che è lo stesso di X Factor, dei Soliti Idioti, di Boris e di un sacco di altre cose. Ovviamente ha avuto un pubblico molto di nicchia e toccava leve completamente diverse; però finché c’è la tv, servono dei personaggi, anche a loro insaputa. E che siano ben assortiti.
Tireremo avanti con questi talent per altri 15 anni, come è successo col Grande Fratello?
Secondo me tireremo avanti fino a quando quella musica lì genererà profitto, il che sarà sempre più difficile perché ci sono sempre più golosi per una torta sempre più piccola. Però comunque, nel breve periodo, qualche numero questo sistema lo fa. Per un po’ di anni continuerà a crescere, poi avrà un calo fisiologico; per il mercato discografico italiano non penso ci saranno dei grandi sconvolgimenti. Ci sarà sempre bisogno di interpreti e il talent può essere uno dei modi per tirarne fuori uno bravo ogni dieci anni.

Parlando di interpreti, voglio chiederti anche un’altra cosa: se tu guardi agli artisti da classifica, gente tipo Laura Pausini, Emma Marrone o Vasco Rossi, quasi sempre gli uomini si scrivono le proprie canzoni, mentre le donne sono solo interpreti. La trovi un'osservazione giusta?
È un dato di fatto. L’unica cosa che posso dirti è che per quanto riguarda l’ultima generazione, partendo appunto da Emma che ha 30 anni, scendendo fino a la Michelin che ne non ne ha ancora 20, quasi tutte stanno esprimendo la volontà di diventare autrici: si son rimesse a studiare. Anche la stessa Malika Ayane, il suo ultimo disco è prodotto da lei, che ha scritto anche i testi. Quindi secondo me questa cosa qui cambierà.

Quindi il trend femminista del 2014 si riverserà anche nella musica italiana più commerciale?
Sì, ma secondo me c'entrano aspetti anche molto più cinici. Cioè di interpreti di successo ce ne sono molti, e quando arrivano da una filiera che già ha tanti personaggi attorno (autori, produttori, editori, etc), anche per delle mere considerazioni di guadagno, l’artista capisce che più riesce a mettere la sua mano in quello che fa, più guadagna e più può ambire ad avere qualcosa di più concreto che un successo momentaneo che il prossimo anno deve essere riposizionato sul mercato. Per questo, tutti gli interpreti stanno iniziando a chiedere punti, purtroppo non sempre a fronte di una reale collaborazione con gli autori.


Spieghiamolo per le persone che magari non lo sanno: i punti sono le quote dei diritti di ogni pezzo, giusto?
Sì, mirano a diventare co-autori del proprio brano. C'è uno scenario economico molto diverso oggi. Questo perché trent’anni fa se tu scrivevi due hit ci campavi 30 anni. Se avessi scritto "Tre cose" (il pezzo scritto da Raina e cantato da Malika Ayane, ndr) negli anni '90, ci avrei comprato dieci case; oggi invece ne devo scrivere due all’anno di singoloni per garantirmi una buona qualità della vita. Non puoi mai mollare perché gli autori sono diventati sempre di più e ce ne sono anche tanti dall’indie che ci stanno provando, probabilmente sulla scia di quello che è successo a me, o anche perché qualcuno delle major li nota.

Uno degli ultimi in ordine temporale è Tommaso dei Thegiornalisti, che pare stia scrivendo grandi canzoni.
Sì, infatti. Anche se secondo me gli autori è bene anche crescerli: io sono il primo a cui è capitato di piazzare una mega hit, e immediatamente essere individuato come un autore da parte di un editore. In realtà solo adesso sto cominciando a sentire di scrivere sul serio, anche se ho piazzato dei brani importanti negli ultimi tre anni; forse ancora ad oggi sono 'episodi', ed erano figli del fatto che in quel momento lì il mio stile per una combinazione si adattava a quell'esigenza. Ma fare l'autore, di mestiere, è un'altra cosa, e sto cercando di impararlo da gente molto più capace di me come Dario Faini o Matteo Buzzanca, con cui scrivo spesso.

Quindi, in finale: la tua opinione sui talent prima e dopo l'esperienza a X Factor, è cambiata?
Ho sempre cercato di avere un’attitudine legata a un'esperienza diretta, non ho mai amato il trend, sia quello mainstream che quello antagonista. Non ho mai avuto problemi ad ascoltare musica di estrazione diversa: mi ricordo di una volta in cui per fare una news-scherzo per il primo d'aprile scriveste “Nel prossimo disco degli Amor Fou ci sarà la collaborazione di Amedeo Minghi”, ma per me Minghi è stato un artista cardine dell'adolescenza! Una certa scena di hiphop o di cantautorato italiano un po’ sputtanato io l'ho sempre ascoltata perché mi restava, magari non l'ascoltavo con la stessa attenzione che do ai Radiohead, però quando poi per esempio ho iniziato a scrivere le canzoni dentro c’era molto più Venditti che la musica che ascoltavo in quegli anni.
Per quanto riguarda il talent, a me non ha mai intrigato perché non amo lo spettacolo televisivo. Dal punto di vista del prodotto televisivo quindi ho mantenuto le mie riserve, anzi forse le ho anche aumentate perché mi sono sentito quasi disturbato dal livello di protagonismo, di rimbalzo che ha il pubblico. Se tu vedi una puntata di X Factor, il problema non sono tanto i fan sfegatati (perché quelli ci son stati sempre), quanto vedere i genitori o persone di 40 anni che sono lì come se fossero alla settimana della moda o a un "evento in". C'è un'esasperazione cannibalizzante, alcuni sembrano personaggi di Black Mirror passati dal Billionaire, l’aspetto del costume va troppo oltre non mi coinvolge né mi stimola neanche come osservatore.
Però il discorso dell’investimento e della costruzione del talento è una cosa che fa parte dell'industria della musica pop da sempre. Se prendi i Beatles o mille altri interpreti di musica nera o pop, scopri che la maggior parte di loro sono venuti fuori da audizioni su audizioni, solo che non c'erano riprese, non c'era costruito un hype o uno storytelling, però forse le macchine di ricerca sono state ancora più brutali di adesso. Insomma non è una cosa nata con X Factor. Certo se sei John Lennon probabilmente dai un apporto gigante all'apparato che lavora per te, se invece sei Scanu dai più a Chi, fai l'Isola di Famosi ed esce quella roba lì. Quello che interessa, almeno a me, è cercare di fare in modo che attraverso i talent, il lavoro con le case discografiche, gli editori, etc si riescano ad attivare dinamiche per cui esca fuori un prodotto interessante.
Il problema delle critiche che si leggono su Facebook, che capisco, è che comunque sono critiche parziali: lo so anch’io che Mario Garruggiu è un piccolo Al Bano, ma anche senza il pathos di Al Bano! Il problema è che se la sintesi di 50.000 candidati è questa, non è colpa di nessuno. Se mi dite che c’è un nuovo Lou Reed a Squinzano e noi non l’abbiamo visto, io sono il primo a dire “cavolo ci investo io, gli scrivo io le canzoni gratis”. Ma dov'è il Bowie inascoltato che noi non stiamo notando o escludendo dal gioco? Non c’è, sennò sarebbero le major stesse a cercare di lavorarci insieme.
Nì, nel senso che un Bowie magari non decide di andare a X Factor.
No, ma probabilmente non viene neanche fuori dalla scena italiana di questi anni. Io quando ti dico un Bowie intendo un grande artista, con una vocalità importante, un grande stile e una grande capacità di performance, di presenza scenica, di utilizzo interessante dell'estetica. Un artista che sappia prenderti a vari livelli: ti coinvolge perché è una macchina da intrattenimento sul palco, è un comunicatore e usa tutti i suoi strumenti. Se parliamo di successo, la gente vuole ascoltare e vuole vedere, e vuole vedere delle cose di qualità. Se poi le cose sono di bassa qualità, e quella diventa la media e la cifra stilistica di una generazione, ce ne faremo una ragione. Accade sia nel mainstream che nell'indie. Però io l’ho capito perché una Emma Marrone ha venduto 300000 copie e un’altra che magari canta tecnicamente meglio di lei ne ha vendute 400: Emma Marrone è un animale da palcoscenico. Magari il suo stile differisce dal mio, se penso alla musica che mi piace di più in questi anni e che non è il rock, ma non mi stupisce che coinvolga moltissima gente e dal vivo trasmette moltissimo anche a me. A parità di visibilità che hanno avuto tante altre vincitrici di talent tocca delle corde totalmente irrazionali che arrivano anche al fan del rock, del metal, anche a Vasco Brondi.
Te l'ha detto lui?
Certo che sì. Quindi, fermo restando che magari un Bowie non andrebbe a un talent, se oggi io vedessi al MI AMI un ragazzo o una ragazza che sta da dio sul palco, che ha una bella voce, che ha talento… io non gli direi di non provare anche lì, magari gli direi di provare anche all’estero, di farsi vedere in tutti i modi. Secondo me bisogna avere sempre in chiaro di cosa si sta parlando, cioè: X Factor non cerca Dente, non cerca Bon Iver… poi magari dà da cantare ai concorrenti anche le canzoni di Bon Iver perché sono bellissime. X Factor cerca, attraverso un lavoro che coinvolga una major discografica, degli artisti pop che devono avere anche dei requisiti scenici che nella cultura italiana sono stati assolutamente boicottati...
...per colpa dei cantautori
Per colpa dei cantautori, certo, della morale e di tante altre cose. Lo sappiamo benissimo che in Italia, anche in ambito indie, una ragazza che facesse quello che fa Miley Cyrus verrebbe immediatamente bollata e sommersa di insulti.
Guarda già Maria Antonietta, è sempre presa di mira, ed è tutt'altro che una ragazza promiscua
Ecco, figurati se una si mettesse ad alludere… quindi, in finale, noi tiriamo fuori quello che siamo in grado di produrre e quello che ci può rappresentare.

Un po’ come nella politica
Certo, dov’è un Berlinguer? ? Io lo voterei se ci fosse, ma semplicemente l'Italia di oggi non può produrre una figura simile e dobbiamo prenderne atto, soprattutto se restiamo qui. Possiamo continuare a vagheggiare il passato mitico e sparare sul declino o cercare di valorizzare il presente, sporcandoci anche le mani. A X Factor ci sono state tante persone che potevano vantare un background di danza, però noi magari ci ricordiamo di più di quella tipa di Roma un po' sfigata che è andata alle audizioni a spogliarsi vestita da Wonder Woman. È uscita urlacchiando 'l'Italia non è pronta' e il primo a bocciarla era stato Mika che è anglo-libanese! Quello che ha fatto Cosmo nel suo piccolo, cioè di prendere due ragazze e ballare, cantare, creare una scenografia, per molti è apparsa come una cosa trasgressiva mentre in realtà dovrebbe esser normale. Allora se mi si dice che quella dei talent è una macchina che produce prodotti finti ti dico ok, però allora anche una come Beyoncé è un prodotto finto, cioè meno vero del cantautore. Secondo me questa qui è una forma di ignoranza: nel pop c'è dell’arte sopraffina mediata in modi diversi rispetto la musica classica o la canzone d’autore. A X Factor ci sono tante persone con sensibilità diverse che cercano di valorizzare, di dare anche un po’ di educazione, a persone che hanno dei talenti. C’è molta buona fede, il prodotto finale può anche essere discutibile, ma all’interno è tutto molto più artigianale di quanto si possa credere, anche troppo, nel senso che un problema che ho riscontrato è stata la mancanza di rigore. Ci si adatta troppo ai capricci, sia dei giudici che dei ragazzi.


Qual è la cosa che ti sei trovato a dover insegnare di più?
Principalmente la disciplina, stare al proprio posto. C’è una differenza abbastanza macroscopica: ci sono quelli veramente educati, la cui famiglia li ha già preparati a fare tutto, anche X Factor; poi ci sono quelli che vengono lì e si sentono dei talenti incompresi, si trovano davanti una persona famosa che ha venduto non so quanti milioni di copie (che può essere Fedez, Mika, Cremonini o De Gregori) e se per due minuti l’attenzione non è su di loro fanno i capricci; oppure sono loro che vengono a dire a te che canzoni devono cantare, e tu gli dici che il gioco non è venire lì e fare la tua cover band per tre milioni di persone, sarebbe troppo facile. Il gioco è che io ti guardo e penso “hai sempre cantato roba neomelodica, secondo me dovresti cimentarti con l'elettronica", per cui da domani provi per una settimana ad esibirti così. Io ti aiuto, ti costruisco una produzione, cerco di insegnarti, di valorizzarti. A volte chi arriva è già a posto e tu devi sistemare solo due tre cose, a volte chi arriva è una tavola bianca, magari canta bene però non ha personalità, a volte devi invece ribaltarli completamente.

Parliamo invece del tuo lavoro come autore: tu hai scritto per Emma Marrone e per Malika, che sono due artiste completamente diverse come personalità, musica, registro, anche come pubblico. Come funziona l'assegnazione dei tuoi pezzi?
Nel mondo ideale è l’artista che ti chiede un pezzo. Nel caso di Malika è successo così e guarda caso il risultato è stato ottimo, a mio avviso.
Vi incontraste proprio grazie a Rockit, giusto?
Sì, in un'intervista in cui parlammo solo di scarpe. Ora, Malika sicuramente è un’artista attenta a cui piace avvicinarsi ad ambiti diversi, e cerca in ogni disco una quota di autori che in qualche modo "ha scoperto lei". Io capitai in questa sliding doors e scrissi questo brano pensando proprio a lei, anche se secondo me è il brano più sfigato di quelli che gli avevo proposto.
In altri casi, come in quello per Emma, lo dico con sincerità: l’ispirazione iniziale era la Nannini, che poi in realtà a livello subliminale è l’idolo di Emma. In altri casi ancora invece capita che l’editore ci dica “all’orizzonte ci sono dischi di: Pausini, Renga, Ramazzotti. Scrivete, i briefing sono questi.”
E cosa c’è in un briefing?
In un briefing ci sono una serie di indicazioni sulla direzione che il disco avrà, tipo le sonorità…

Le sonorità di Renga non sono sempre tutte uguali, da anni?
Diciamo che di base è il produttore che crea il suono del disco e nel caso di certi artisti si tende ad essere molto conservatori perché il punto forte resta la voce e il pubblico fondamentalmente vuole quello più che concentrarsi sull'aspetto del suono. Gli step sono questi: la casa discografica fa un briefing, lo manda in giro a tutti gli editori e ai relativi autori. Nel briefing per esempio si può indicare che l'obiettivo del disco è ricollocare un artista, ossia dargli una dimensione diversa, nei testi, nelle sonorità, e tu ti adegui. Ultimamente si cerca più o meno di collegarsi al pop internazionale, purtroppo però in genere non si va oltre la top 5 di iTunes. Quindi tu scrivi e il lavoro che ti ritrovi a fare è sempre più quello di un produttore: i pezzi che tu mandi risultano meno appetibili se non sono già quasi in versione disco. Il lavoro dell’autore per questo sta sempre più diventando un lavoro di una persona multitasking, un artista che è in grado di scrivere una melodia, arrangiarla, suonare tutti gli strumenti, registrare e mixare. Potresti anche non farlo, volendo: se scrivi "Almeno tu nell'universo", sicuramente la piazzi, a prescindere da come la consegni.
C’è qualcosa in questo ambito che non è assolutamente concesso, oppure al contrario qualcosa che deve starci sempre?
Qualcosa potrebbe essere non concesso oggi e magari tra due mesi no… magari fino a 10 anni fa ti dicevano di non parlare troppo di sesso o che il ritornello non poteva entrare dopo 40 secondi, ora queste cose non esistono più. Nel momento in cui la hit dell'anno è "Magnifico" di Fedez, che è il classico pezzo rap col ritornello melodico, e i rappers hanno venduto molto più di altri interpreti....

Guarda, qualche giorno fa sono usciti i dati della Fimi sulle vendite del 2014, e nelle prime 10 posizioni e non c’è nemmeno un rapper.
Lo so, però diciamo che il rap ha un po’ scardinato le regole: ora qualsiasi cosa arriva, purché sia forte, va bene. Ovviamente c’è sempre il tabù del linguaggio, per cui un testo come "Back to Black" qui non lo potrai mai fare a meno che tu non sia Guè Pequeno, e comunque non andrai in radio. Io in un anno mi sono sentito dire che tutto dipendeva dalle punch line, quindi dovevi trovare una frase slogan nel testo; poi che tutto dipendeva dagli arrangiamenti, dopo tre mesi bisognava ispirarsi a pezzi dance, electro-pop stranieri… nessuno sa da che parte andare. Secondo me uno deve avere il tempo di imparare, maturare una cifra stilistica, poi scegliere se lo vuole fare. A me serve molto scrivere il più possibile, perché se poi vorrò fare un disco mio risentirà molto più di questa esperienza che non di 10 anni di indie in cui tutto quello che facevo era definitivo e non doveva essere messo in discussione perché io ero "il cantautore". In realtà nessuno della mia generazione, a prescindere dal successo che ha avuto, è un cantautore nel senso vero della parola. Forse solo De Min dei Non Voglio Che Clara è uno con una preparazione che poi si riversa nel suo stile.

Cosa intendi esattamente?
Che nessuno di noi ha fatto un percorso vero, di gavetta e di studio, siamo tutti praticamente autodidatti, coi limiti del caso; ognuno ha inventato il suo stile, come Brondi che ha creato quella roba che fa solo lui e che finisce con lui. Non c’è stata una scuola. Se senti ora De Gregori, parla un linguaggio che si può rapportare a quello di Mika, al mio o a un compositore di 70 anni, senti che c’è sotto una scuola musicale: ascolti gli accordi de "La donna cannone" e sono accordi colti, hanno una progressione che non la crei a caso o per mera ispirazione. Noi invece abbiamo usato dieci accordi! Se pensi anche alle voci, ce ne sono stati pochissime importanti nel vero senso della parola. Questo anche perché al di là della scuola di canto abbiamo realizzato altri aspetti che sono stati più estetici, a volte anche più legati all'urgenza. Va benissimo, è giusto che quando c’è un ristagno ci siano delle cose di rottura, è fisiologico. Ma magari dopo due o tre dischi inizi a faticare e ripeterti proprio perché non hai delle basi a sostenere la tua creatività, e perché sei stato troppo pigro ed autoreferenziale per pensare di creartele e in questo secondo il mio personale parere è il grande limite della scena indie sul piano della qualità delle canzoni. A X Factor ho provato a pescare dalla 'mia scena' ma alla fine gli unici brani papabili erano di Benvegnù. Tutto il resto o quasi resta veramente debole e purtroppo imparagonabile al repertorio italiano del passato.
Se dovessi tornare indietro a fare un'analisi critica degli Amor Fou, mi rendo conto che nonostante la grande cura musicale che ci mettevamo non ci siamo mai posti di fronte l’idea di prendere un produttore, o di prendere lezioni di canto. C’è sempre stata un po’ l’idea di avere già tutti i mezzi e le risorse, anche troppe. Poi guardavi i festival grandi e ti chiedevi perché certi artisti senza una certa "integrità culturale" suonavano davanti migliaia di persone e tu invece negli arci; ma eravamo noi in primis a mettere dei veti. Poi c'è chi non ha mai avuto bisogno di metterli: vai a dire a Niccolò Contessa dei Cani di prendere lezioni di canto, lui ti risponde che fa la doppia data al Circolo degli Artisti e quindi gli va bene così. Va benissimo… anzi meno male, non è che devono avere tutti grandi voci, però credo che qualsiasi musicista dovrebbe porsi di fronte all’eventualità di arricchire il proprio bagaglio.


Insomma una delle lezioni è: siate più professionali, non abbiate paura. E tenete conto che se i Muse suonano su palchi enormi, un motivo c’è.
Certo, e questa cosa cerchiamo di farla capire anche a X Factor. Io ho detto a tutti i concorrenti che anche se un giorno si stuferanno del mainstream e vorranno dedicarsi ad una cosa super di nicchia, dovranno comunque partorire una roba che spacca, piacevole da ascoltare. Una cosa bella è che mediamente, quando gli fai sentire i Verdena, lo capiscono che è una cosa devastante, anche se è fuori dai canoni e non la ritroveranno mai in classifica per un anno di fila. A me la cosa che impressiona è quando lavoriamo in studio e vengono questi ragazzini di 20 anni a comprarsi un mixer, sono super preparati su tutti i tipi di sintetizzatori...
... e sono tutti maschi. Secondo te perché le femmine non se ne interessano?
Perché in qualche modo nella nostra società ci sono delle categorie pre-impostate, in più è anche lo stesso sistema che non si aspetta che ci siamo donne in questo ambito e le approccia con molti pregiudizi. Pensa a Bat for Lashes, aveva il suo primo disco (che è già super maturo), pronto tre anni prima che uscisse. La madre le consiglia di lasciar perdere la musica, e di concentrarsi su quello per cui aveva studiato, l'insegnamento. Lei ha insegnato per quattro anni, e aveva un disco che quando l'ha ascoltato Thom Yorke l'ha voluta con lui per tutto il tour. Lì ci sono due elementi: da un lato la preparazione, la consapevolezza di quello che fai; dall’altro un mondo in cui se vai a fare un video nuda la gente coglie le citazioni di Ryan McGinley, non sta a pensare subito alla figa.
Io mi sono fatta una mia idea sul perché in Italia non abbiamo una Bat For Lashes: da una parte hai ragione, abbiamo un terreno maschilista fortissimo. Dall’altro però penso che questa cosa si stia affievolendo sempre di più anche grazie a internet, per cui i modelli femminili vincenti non mancano: quindi a questo punto sono anche le ragazze che devono darsi una svegliata.
Hai ragione. Guarda Carmen Consoli: quando hai quel talento hai già delle buone chances, quando invece sei un’interprete e hai bisogno di una struttura attorno, o hai una grandissima personalità oppure c’è il rischio che tu venga manipolata. E se penso poi a chi manipola in Italia oggi, mi metto le mani nei capelli: è una grande lobby, zero ricambio. Ecco ti posso dire che è stato interessante confermare questa cosa attraverso l'esperienza televisiva, le lobby esistono. La maggior parte degli autori che lavora a X-Factor è gay e di una certa età.
Questa roba qua influenza il contenuto, le scelte, la direzione, i rapporti interpersonali… è una roba che determina tutto, anche il ruolo delle donne.

Strano, perché di solito i gay hanno più gusto degli etero.
Ma ce l’hanno, il fatto è che si innescano dinamiche di competizione, di egocentrismo, che ovviamente riguardano tutti, sia gay che etero, in base alla propria personalità. Si creano dei contrasti interiori fortissimi in televisione: da un lato hai moltiplicato per mille la voglia di apparire o di stare affianco di chi appare, dall’altro sei compresso in un ruolo, in una competizione nella competizione. C’è una quota di persone che lavora in questo ambiente che nel giro di 10 anni cambia orientamento sessuale, oppure lascia la moglie. Noi attraverso questa intervista cerchiamo di razionalizzare dei fenomeni che però spesso sono molto più influenzati da aspetti 'collaterali'... a me viene spesso in mente che una quota dei grandi trader economici sono cocainomani, quindi l’economia mondiale è influenzata da gente che pippa 20 minuti prima di fare scelte importanti. Ci sono fattori, ad esempio quanto l'orientamento sessuale influenzi la cultura di chi decide i contenuti di un programma televisivo, che apparentemente non dovrebbero incidere sui contenuti, ma che alla fine lo fanno molto.
C’è quindi un livello di imponderabilità per cui la mia unica speranza è che in questo caos, ogni tanto la purezza della forza del talento riesca comunque a emergere.
Chiudiamo. Stai scrivendo robe tue?
Sto scrivendo robe per gli altri, dove però una volta su due penso “cazzo no questo potrebbe essere un mio pezzo!”, quindi sicuramente le cose che farò avranno un approccio di scrittura molto diverso e più aperto. Ora come ora non mi sento assolutamente in grado di produrre un cd da solo che mi convinca, perché so che posso fare molto di più se mi affianco a qualcuno, sarà quindi un lavoro più corale. Secondo me fino ad ora mi sono messo un freno inibitorio, ho anche pensato di non voler fare più dei dischi, ho avuto anche una fase in cui ho pensato non fosse la mia strada arrivare ad esser riconosciuto facendo il cantante. In realtà poi sarebbe un ragionamento di basso profilo, nel senso che non mi conosce nessuno, quindi di questa roba qui me ne frego. Ora voglio creare più qualcosa in base alle mie attitudini, non sono ancora un autore, non ho ancora dimostrato di valere l'investimento che è stato fatto su di me quindi vorrei provare a lavorare solo su quello, e poi verso marzo vorrei provare a scrivere un disco. Se poi non va e non mi piace, non lo pubblicherò mai.
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Messaggio Da Levnicolaievic Lun Feb 02, 2015 11:01 pm

dai ragazze!!!Mi vien da dire, dopo aver letto questo interessantissimo articolo-intervista; grazie Jaaaazzzz Notizie musicali - Pagina 12 4171556314
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Messaggio Da Jazzbianco Mer Feb 04, 2015 8:47 pm

http://www.rollingstone.it/musica/news-musica/viva-litalia-cazzo/2015-02-04/

Viva l’Italia, cazzo!


Il numero di Rolling Stone di febbraio dedica oltre 100 pagine alla musica italiana. Un’operazione senza precedenti che è anche una mostra fotografica

4 febbraio 2015
Viva l’Italia, cazzo. Il numero di Rolling Stone di febbraio mette in copertina le 100 facce che contano della musica italiana, fotografate da Giovanni Gastel.

Non è un catalogo di cantanti: ci sono artisti, discografici, promoter, produttori, manager. «Sono quelli che re-inventano il mondo e riescono a fare bello anche il brutto della vita», dice Gastel, «Ci siamo trovati e in qualche modo capiti, in quell’istante di reciproca seduzione che è sempre uno scatto fotografico riuscito».


Uno dei primi ad arrivare nello studio fotografico, il 3 novembre, era stato Pino Daniele. Rolling Stone regala a tutti il suo ritratto: è pubblicato in quarta di copertina, lo si potrà scaricarle in alta definizione dalla sezione Poster di questo sito e stamparlo nella dimensione preferita.
“Le 100 facce della musica italiana” sono anche una mostra fotografica, alla Fabbrica del Vapore di Milano (Edificio Messina 2, in via Procaccini 4). Rimarrà allestita fino al 22 febbraio e sarà visitabile solo su invito contattando 100facce@rollingstone.it. La mostra sarà aperta il giovedi e il venerdì dalle 18 alle 22, il sabato dalle 11 alle 22, la domenica dalle 11 alle 19.

Rolling Stone sarà in edicola da lunedì 9 febbraio.

- See more at: http://www.rollingstone.it/musica/news-musica/viva-litalia-cazzo/2015-02-04/#sthash.fJyzvsdW.dpuf
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Messaggio Da Jazzbianco Gio Feb 05, 2015 10:51 pm

http://www.lastampa.it/2015/02/05/blogs/on-the-road/suraci-lui-il-boss-di-sanremo-non-centro-ha-fatto-tutto-conti-HqVBOSQ8aktR36UDs6ZQeP/pagina.html

Suraci, è lui il boss di Sanremo 15? "Non c'entro, ha fatto tutto Conti"


MARINELLA VENEGONI 05/02/2015
MILANO

L’uomo cui guardare nella vigilia del magmatico Sanremone di Conti non è una star ma un imprenditore radiofonico prestato alla musica «dalla passione», come lui dice. Se ne parla a mezza voce come del vero padrone del Festival 2015: ci si chiede chi, se non un operatore assai potente, sarebbe riuscito a piazzare fra i big una perfetta sconosciuta come Bianca Atzei; si contano fra gli altri suoi artisti in gara i popolarissimi Dear Jack, papabili alla vittoria in una gara soprattutto fra Talent Show come questa; e si enumerano le canzoni (tre) scritte da Kekko Silvestre dei Modà (altri suoi pupilli) per la solita Atzei, per Tatangelo e Annalisa. Nessuna etichetta sembra impregnare altrettanto il sound del Sanremo targato Conti.
Ma pacificamente Lorenzo Suraci, 63 anni, patron di RTL102.5, la più diffusa radio italiana, da sempre davvero appassionato di musica, respinge ai mittenti ogni sospetto: «Mi fanno ridere. Il fatto è che Conti è bravissimo, ha una sensibilità radiofonica, possiede una radio, ha orecchio al contrario di altri negli anni scorsi. Pensi che io sono incantato da Platinette che non è neanche mio. Da lunedì partiamo con la radio a Sanremo, e ospiteremo tutti i concorrenti, non solo Dear Jack e la Atzei». Smonta con tigna il castello del complotto: «Con Britti in gara non c’entro, ha una sua etichetta: è vero che ha già duettato con Bianca con grande successo. Ora ha arrangiato e inciso con lei per l’album "Ciao amore ciao", che sarà la sua cover in gara».
La polemica su Atzei indispettisce Suraci: tira fuori un foglietto con i conti di un totale di 18.226.770 visualizzazioni su You Tube delle sette canzoni che la ragazza ha cantato: «Non le pare che sia da Big, con queste cifre?». Precisa che il suo business è la radio: «Per me la discografia è un’attività parallela, non avrò mai un’etichetta con tanti artisti».
Bisogna destreggiarsi, fra le sue attività: Ultrasuoni, etichetta discussa perché accusata di strapotere nella promozione, fondata nel ‘10 da RTL, Radio Italia e RDS, lanciò i Modà ma ai Modà è rimasta ferma: «E’ l’unico gruppo che ci ha trovati tutti d’accordo, abbiamo deciso di fermarci lì». Atzei e Dear Jack militano invece nella label di Suraci, Baraonda. Ma i Dear Jack sono la squadra giovanile dei Modà caro Suraci, non trova? «Balle. Ho buoni rapporti con Maria De Filippi e li ho seguiti. L’assonanza sarà dovuta al fatto che Kekko ha voluto produrre i loro primi inediti. Kekko è uno che dà il meglio del suo stile ai colleghi, è amico di D’Alessio, è stato ospite da lui e quando Gigi gli ha chiesto un pezzo per la Tatangelo, ha dato. E’ stato Kekko a chiedermi di occuparmi della Atzei, ed è pure il produttore di Annalisa». Morale, se il Kekko sound regnerà su Sanremo, sarà responsabilità di Conti. Ma intanto Suraci ha messo l’occhio sui Kutso, fra le Nuove Proposte: «Ho chiesto di trasmetterli. Si travestono come gli Elii, fanno musica d’autore come vorrebbe lei, però sono divertenti. E radiofonici. E ricordi che sono stato io a far rilanciare De Gregori con l’ultimo album: ho consigliato di trattarlo radiofonicamente come un nuovo artista, con uscita di singoli».
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Messaggio Da Jazzbianco Mer Mar 11, 2015 12:39 am

Sul tema assonanze/plagio

http://www.billboard.com/articles/news/6495159/blurred-lines-trial-verdict?utm_source=twitter

'Blurred Lines' Trial Verdict: Jury Rules Against Pharrell Williams & Robin Thicke

The battle over a $16 million song explored how much similarity is too much.

Good artists borrow. Great artists steal. On Tuesday (March 10), a California federal jury delivered its own message to artists everywhere that inspiration can rise to copyright infringement.

The verdict was reached after eight days of trial testimony examining whether Robin Thicke's and Pharrell Williams' "Blurred Lines," one of the most successful songs of the young century, was improperly drawn from a soulful hallmark from the prior one: Marvin Gaye's 1977 hit "Got to Give It Up." Ultimately, a jury comprised of five women and three men heard dueling opinions regarding "Blurred Lines" and decided to order Thicke and Williams to pay $4 million in copyright damages plus profits attributable to infringement, which for Thicke was determined to be $1.8 million and for Williams was determined to be $1.6 million -- a total of $7.4 million. Both escaped statutory damages as the infringement was found not to be willful.

The hardly predictable outcome over a song that made more than $16 million in profits will resonate in the music industry, where copyright lawsuits are commonplace but few ever make it to trial. Most never get past the summary-judgment phase, because judges carefully draw the line on any lawsuits alleging misappropriation of non-protectable ideas. The highest-profile disputes -- like the one between Tom Petty and Sam Smith over "Stay With Me" -- usually settle. Not only did the "Blurred Lines" case go the distance, both sides brought esteemed entertainment litigators to convince the jury.

Howard King, representing Thicke, Williams and rapper T.I. (a.k.a. Clifford Harris Jr.), spoke about how artists need wide berth in their creative pursuits. During opening arguments, he told the jury, "We're going to show you what you already know: that no one owns a genre or a style or a groove. To be inspired by Marvin Gaye is an honorable thing."

Over the next week-and-a-half, King would execute a two-pronged strategy: First, he emphasized that Frankie and Nona Gaye only owned compositional elements in the "Got to Give It Up" sheet music, leaving out more recognizable elements of the recording like the percussion and singing. Second, he had witnesses testifying both to the differences of "Blurred Lines" and "Got to Give It Up" as well as the similarities in other famous songs.

The case has been tough on Thicke, thanks to depositions revealing he lied in media interviews and was drunk and high on Vicodin. But the singer attempted to do himself a favor by showcasing that songs can be stitched together with ease. On the witness stand, he sang a medley of U2's "With or Without You," the Beatles' "Let It Be," Alphaville's "Forever Young," Bob Marley's "No Woman No Cry" and Michael Jackson's "Man in the Mirror."

Williams also testified about his song-creation process, admitting to jurors that "Blurred Lines" channels "that '70s feeling" and that he looked up to Gaye, but that to feel, isn't copyright infringement. "The last thing you want to do as a creator is take something of someone else's when you love him," said Williams, expressing a point-of-view that's in contrast to the maxim that good artists borrow and great artists steal.

Richard Busch, attorney for the Gayes, appeared to know that he'd need to overcome the celebrity charisma of his counterparts. "They will smile at you and they will be charming," he said in opening arguments. "Keep one thing in mind: They are professional performers."

The Gaye family was handicapped by U.S. District Judge John Kronstadt's decision to preclude use at trial of the original sound recording of "Got to Give It Up" because Gaye's copyrights on the song were limited to the sheet-music compositions. Before the trial began, Busch wondered whether his side would get a fair trial, and while the judge eventually allowed a stripped-down version of Gaye's song to be played for the jury's ears, the attorney was disturbed by comments made by the Thicke side that he argued had "poisoned" the trial. The judge dismissed those concerns. Any lingering unhappiness over the judge's decision leading to the jury's verdict will likely be taken on appeal.

To demonstrate copyright infringement, Busch instead leaned on the musicologists, who testified of similarities in signature phrases, hook, keyboard-bass interplay, lyrics and theme of the songs. Although "Blurred Lines" was the primary ticket, the Gaye family also attempted to prove that Thicke's "Love After War" was an infringement of Gaye's "After the Dance" too.

Then, there was the rare peek at the financial success of "Blurred Lines," as the Gaye family made their case for damages. Busch had accounting experts speak about all the money made -- including $5.6 million in profits to Thicke, $5.2 million to Williams and $700K to T.I. and the rest of the $16.7 million in overall profits to record companies Interscope, UMG Distribution and Star Trak. The Gayes also wanted some of the $11 million in touring income attributable to "Blurred Lines" success as well as money for overhead costs and statutory damages for willful infringement.

All told, the Gaye family was seeking more than $25 million -- a mammoth demand that would shatter the song plagiarism high-water mark of $5.4 million that a California court ordered Michael Bolton and Sony to pay two decades ago for infringing the Isley Brothers' "Love Is a Wonderful Thing."

In closing arguments, Busch raised the issue of Thicke's credibility, telling jurors, "What it boils down to is 'Yes, we copied. Yes, we took it. Yes, we lied about it. Yes, we changed our story every time'... It boils down to this: Who do you believe?... Are you going to believe Robin Thicke, who told us all he's not an honest person?"

King offered a rebuttal. "Why would Mr. Williams need to copy anyone to create a hit?" he asked the jury. "Why would Mr. Thicke and Mr. Williams endure a proceeding like this, where their personal financial details are revealed to the world?"

In what might now be the landmark legal controversy over songcraft, the jury decided to find that Thicke and Williams infringed both songs. The two were only punished $9,375 for "Love After War," but it will be the multimillion dollar verdict regarding "Blurred Lines" that will sound out for ages.
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